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lunedì 23 maggio 2011

Le fiabe di Esopo

L'usignolo e la rondine
La rondine consigliava all'usignolo a nidificare, come lei, sotto il tetto degli uomini, e a condividere la loro dimora. Ma quello rispose: "Non desidero ravvivare la memoria delle mie antiche sventure; per questo vivo nei luoghi solitari.
Chi è stato colpito da una sventura cerca di sfuggire persino il luogo dove questa gli accadde.

sabato 21 maggio 2011

Massime del giorno prima
Noi siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni
e la nostra breve vita è circondata dal sonno,
da "La tempesta".
William Shakespeare

sabato 14 maggio 2011

Raperonzolo

Ho appena guardato il film della Walt Disnay "Rapunzel", che non mi ha deluso. Divertentissimo, soprattutto 'Pascal'. Tutte le belle damigelle hanno le loro belle fatine magiche , lei invece ha un camaleonte simpaticissimo. Ma purtroppo, ancora una volta, la storia non rispecchia la verità scritta dai fratelli Grimm.
Ecco il vero testo:

Raperonzolo
C'era una volta un uomo e una donna, che già da molto tempo desideravano invano un figlio; finalmente la donna potè sperare che il buon Dio esaudisse il suo desiderio. Sul di dietro della casa c'era una finestrina, da cui si poteva guardare in un bellissimo giardino, pieno di splendidi fiori ed erbaggi; ma era cinto da un alto muro e nessuno osava entrarvi, perchè apparteneva ad una maga potentissima e temuta da tutti. Un giorno la donna stava alla finestra e guardava il giardino; e vide un'aiuola dov'erano coltivati i più bei raperonzoli; e apparivano così freschi e verdi che le fecero gola e le venne gran voglia di mangiarne. La voglia cresceva ogni giorno, ma ella sapeva di non poterla soddisfare e dimagrì paurosamente e divenne pallida e smunta. Allora il marito si spaventò e chiese: "Che hai cara moglie?" "Ah," ella rispose, "se non riesco a mangiare di quei raperonzoli che son nel giardino dietro casa nostra, morirò". Il marito, che l'amava, pensò: "Prima di lasciar morire tua moglie valle a prendere quei Raperonzoli, costi quel che costi". Perciò al crepuscolo scavalcò il muro, entrò nel giardino della maga, colse in tutta fretta una manciata di raperonzoli e li portò a sua moglie. Ella si fece subito un'insalata e la mangiò avidamente. Ma le era piaciuta tanto e tanto, che il giorno dopo la sua voglia era triplicata. Perchè si quietasse, l'uomo dovette andare un'altra volta nel giardino. Perciò al crepuscolo scavalcò di nuovo il muro, ma quando mise piede a terra si spaventò terribilmente, perchè vide la maga davanti a sè. "Come puoi osare," ella disse facendo gli occhiacci, "di scendere nel mio giardino e di rubarmi i raperonzoli come un ladro? Me la pagherai!" "Ah," egli rispose, "siate pietosa! A questo fui spinto da estrema necessità: mia moglie ha visto i vostri raperonzoli dalla finestra e ne ha tanta voglia che ne morirebbe se non potesse mangiarne". La collera della maga svanì ed ella disse. "Se le cose stanno come dici, ti permetterò di portar via tutti i raperonzoli che vuoi, ma ha una condizione; devi darmi il bambino che tua moglie metterà al mondo. Sarà trattato bene e io provvederò a lui come una madre". Impaurito l'uomo accettò ogni cosa, e quando la moglie partorì, apparve subito la maga, chiamò la bimba Raperonzolo e se la portò via.
Raperonzolo diventò la più bella bambina del mondo. Quando ebbe dodici anni, la maga la rinchiuse in una torre che sorgeva nel bosco e non aveva nè scala nè porta, ma solo una minuscola finestrina, in alto in alto. Quando la maga voleva entrare, si metteva sotto la finestra e gridava:
"Raperonzol, t'affaccia
lascia pender la tua treccia!"
Raperonzolo aveva capelli lunghi e bellissimi, sottili come l'oro filato. Quando udiva la voce della maga, si slegava le trecce, le annodava ad un cardine della finestra, ed esse ricadevano per una lunghezza di venti braccia, e la maga ci si arrampicava.
Dopo qualche anno, avvenne che il figlio del re, cavalcando per il bosco, passò vicino alla torre. Udì un canto così soave, che si fermò ad ascoltarlo: era Raperonzolo, che nella solitudine passava il tempo facendo risonar la sua voce. Il principe voleva salire da lei e cercò una porta, ma non ne trovò. Tornò a casa, ma quel canto lo aveva tanto commosso che ogni giorno andava ad ascoltarlo nel bosco. Una volta, mentre se ne stava dietro un albero, vide avvicinarsi una maga e udì gridare.
Raperonzolo, t'affaccia!
Lascia pender la tua treccia!"
Allora Raperonzolo lasciò pendere le trecce e la maga salì da lei.
"se questa è la scala per cui si sale, tenterò anch'io la mia fortuna". E il giorno dopo, sull'imbrunire, andò alla torre e gridò:
"Raperonzolo, t'affaccia,
lascia pender la tua treccia!
Subito dall'alto si snodarono i capelli e il principe sali. Dapprima Raperonzolo ebbe una gran paura quand'egli entrò, perchè i suoi occhi non avevan mai visto un uomo; ma il principe cominciò a parlare con gran cortesia e le narrò che il suo cuore era stato così turbato dal canto di lei da non lasciargli più pace: e aveva dovuto vederla. Allora Raperonzolo non ebbe più paura e quando egli le domandò se lo voleva per marito ed ella vide che era giovane e bello, pensò: "Mi amerà più della vecchia signora Gothel", disse di si e mise la mano in quella di lui; e gli disse: "Verrei ben volentieri con te, ma non so come fare a scendere. Quando vieni portami sempre una matassa di seta: la intreccerò e ne farò una scala; e quando è pronta, scendo, e tu mi prendi sul tuo cavallo". Combinarono che fino a quel momento egli sarebbe venuto tutte le sere; perchè di giorno veniva la vecchia. La maga non si accorse di nulla, finchè una volta Raperonzolo prese a dirle "Ditemi, signora Gothel, come mai siete tanto più pesante da tirar su del giovane principe? Quello è da me in un momento". "Ah, bimba sciagurata!" Gridò la maga, "Cosa mi tocca sentire! Pensavo d'averti separato di tutto il mondo e invece tu mi hai ingannata!". Furibonda, afferrò i bei capelli di Raperonzolo, li avvolse due o tre volte intorno alla mano sinistra, afferrò con la destra un paio di forbici e, tric trac, eccoli tagliati e le belle trecce giacevano a terra. E fu così spietata da portare la povera Raperonzolo in un deserto, ove dovette vivere in gran pianto e miseria.
Ma il giorno in cui aveva scacciato Raperonzolo, verso sera assicurò le trecce recise al cardine della finestra e quando arrivò il principe e gridò:
"Raperonzolo, t'affaccia,
lascia pender la tua treccia!"
le lasciò ricadere. Il principe salì, ma invece della sua diletta, trovò la maga, che lo guardava con due occhiacci velenosi. "Ah," Esclamò beffarda, "Sei venuto a prender la tua bella! Ma il bell'uccellino non è più nel nido e non canta più; il gatto l'ha preso e a te caverà gli occhi. Per te Raperonzolo è perduta, non la vedrai mai più". Il principe andò fuor di se per il dolore, e disperato saltò giù dalla torre: ebbe salva la vita, ma le spine fra cui cadde gli trafissero gli occhi. Errò, cieco, per le foreste; non mangiava che radici e baccche e non faceva che piangere e lamentarsi per la perdita della sua diletta sposa. Così per alcuni anni andò vagando miseramente; alla fine capitò nel deserto in cui Raperonzolo viveva fra gli stenti, coi due gemelli che aveva partorito, un maschio e una femmina. Egli udì una voce, e gli sembrò ben nota: si lasciò guidare da essa, e quando si avvicinò, Raperonzolo lo riconobbe e gli saltò al collo e pianse. Ma due di quelle lacrime gli inumidirono gli occhi; essi allora si schiarirono di nuovo, ed egli potè vederci come prima. La condusse nel suo regno, dove fu ricevuto con gioia; e vissero ancora a lungo felici e contenti.