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sabato 18 dicembre 2010

Charles Dickens

Racconti di Natale

Charles John Huffam Dickens, (Landport, 7 febbraio 1812 – Gadshill, 9 giugno 1870), è stato uno scrittore britannico.
Noto tanto per le sue prove umoristiche (Il Circolo Pickwick) quanto per i suoi romanzi sociali (Oliver Twist, David Copperfield, Tempi difficili), è considerato uno dei più importanti romanzieri di tutti i tempi.

Il Canto di Natale (A Christmas Carol), noto anche come Cantico di Natale o Ballata di Natale, è una delle opere più famose e popolari di Charles Dickens (1812-1870). È il più importante della serie dei Libri di Natale (The Christmas Books), una collezione di racconti che include oltre al Canto (1843), Le Campane (The Chimes, 1845), L'uomo visitato dagli spettri (The Haunted Man, 1848), Il grillo sul caminetto (The Cricket on the Hearth), 1845 e La lotta per la vita (The Battle for Life).

Racconto fantastico sulla conversione dell'arido e tirchio Ebenezer Scrooge visitato nella notte di Natale da tre spiriti del Natale (del passato, del presente e del futuro) preceduti da un'ammonizione dello spettro del defunto amico e collega Jacob Marley, il Canto unisce al gusto del racconto gotico l'impegno nella lotta alla povertà e allo sfruttamento minorile, attaccando l'analfabetismo: problemi esasperati apparentemente proprio dalla Poverty Law (Legge contro la povertà), comodo tappabuchi tanto inefficace quanto dannoso ideato dalle classi abbienti. Il romanzo è uno degli esempi di critica di Dickens della società ed è anche una delle più famose e commoventi storie sul Natale nel mondo.

Il Canto è suddiviso in 5 parti: nella prima si descrive il personaggio di Ebenezer Scrooge, un tirchio, ricco e avaro finanziere di Londra, che non spende nulla nemmeno per sé e per il quale il Natale è una perdita di tempo (rimprovera Dio stesso per il riposo domenicale che intralcia il commercio e il guadagno).
Talmente infastidito dalle festività, costringe il suo umile impiegato Bob Cratchit, al quale dà uno stipendio da fame, a presentarsi al lavoro anche il giorno prima di Natale. Per strada risponde male a tutti coloro che gli fanno gli auguri, incluso l'affettuoso nipote Fred, figlio della defunta sorella, che invano lo prega di pranzare con la sua famiglia: l'unica compagnia che conta per Scrooge è quella della sua cassaforte. Per questo accanito interessamento ai soldi è una persona poco amata da tutti i cittadini. La sera della vigilia di Natale, mentre sta rincasando, gli sembra di intravedere specchiato nel battiporta del portone il volto del defunto socio in affari Jacob Marley, morto sette anni prima, visione che lo turba profondamente.
Rinchiusosi nella sua vecchia casa, comincia a percepire dei rumori strani: ora quello di un carro funebre che si trascina invisibile sulle scale avvolte nel buio, ora un rumore di catene nella cantina, infine vede oscillare da sola una campanella collegata alla deserta camera antistante, trascinando tutte le altre della casa in un suono assordante e spaventoso.
A questo punto si apre una porta, e compare il fantasma di Marley: una visione tremenda, tanto più terrificante in q
uanto, scoperte le bende per mostrare il volto, cade la mascella dal viso. Intorno alla vita, una catena forgiata di lucchetti, timbri, assegni, e tutto quel materiale che, secondo l'ammissione di Marley, lo ha distolto dal fare del bene agli altri accumulando denaro tutto per sé: il rimpianto per aver vissuto chiuso nel proprio egoismo lontano dalle persone che amava e che lo amavano costituisce la sua pena eterna, una dannazione che lo costringe a vagare per il mondo senza potere vedere la luce di Dio.
Il solo sollievo è ammonire Scrooge, perché la catena che si sta forgiando è ben più lunga e pesante della sua. Se andrà avanti così, anche lui subirà la stessa sorte: Marley gli annuncia allora la visita imminente di tre spiriti: uno che incarna i Natali passati, un altro quello presente, l'ultimo il Natale futuro.
Lo spirito del Natale Passato
Un fantasma circondato da una corona di luce che si sprigiona dal capo, facendolo assomigliare a una candela e con in mano un cappello in forma di spegnitoio, lo riporta indietro nel passato a rivisitare la propria infanzia dimenticata: in una scena è bambino sui banchi di scuola, mandato a studiare in collegio dal padre, che lo ha voluto allontanare dalla famiglia: era solo, triste, senza amici, studia in un'aula buia. In un'altra scena, qualche tempo più tardi arriva la sua sorellina, tornata per riportarlo a casa, dopo avere convinto il padre a riprenderlo in famiglia.
È un momento felice, un abbraccio tra i due, stretti da un affetto immenso, con il giovane Scrooge che salta di gioia: è il momento in cui le ruvide labbra del vecchio Scrooge abbozzano un sorriso. Qualche anno dopo è ammesso a fare l'apprendista contabile presso l'anziano e benevolo Fezziwig.
Anche qui è Natale, ma Fezziwig fa chiudere l'ufficio prima del tempo e invita i ragazzi a seguirlo a casa sua dove fa una festa sontuosa: nelle piccole follie natalizie dell'allegra compagnia cadono le differenze di classe, si canta e gioca tutti quanti, bambini, giovani e anziani. Fezziwig e la moglie sono degli anfitrioni imbattibili, scherzano e fanno i pagliacci.
Durante il ballo Scrooge conosce Belle, quella che diventerà la sua ragazza. Le promette di sposarla: ma solo qualche anno dopo, già ricco, teme di mantenere la promessa perché lei è povera e non gli porterebbe dote. Lei lo lascia andare distrutta, ma da quel giorno Scrooge resterà solo e il suo cuore diventerà sempre più arido. Scrooge grida davanti alla visione di se stesso in preda all'egoismo, sa che sta commettendo l'errore fatale della sua vita e implora l'ombra del giovane Ebenezer di non lasciarla, di correrle dietro, ma invano: il suo alter ego non lo può udire.
Il passato non si può cambiare. Scrooge è disperato, implora il fantasma di non tormentarlo. Molto più tardi, Scrooge assiste a una cena di Natale: riconosce la sua ex ragazza ormai sposata da anni, con tanti figli, povera ma felice. Fa un sarcastico commento su Scrooge al marito. È appena arrivata la notizia che Marley è abbandonato sul letto di morte, neanche il suo amico è lì per confortarlo. Preso dal rimorso, Scrooge schiaccia il copricapo sulla testa del fantasma fino a farlo scomparire: ma la luce chiusa nel cappello inonda tutto il pavimento come un diluvio terrorizzando il vecchio.

Lo spirito del Natale Presente
Scrooge si trova improvvisamente nella sua camera da letto e dorme fino alla notte seguente.
Dopo essersi destato, incontra il secondo spirito, quello del Natale Presente, che appare come un uomo di dimensioni enormi. Questo spettro conduce Scrooge dalla famiglia di Bob Cratchit che sta consumando la cena di Natale, sono tutti felici anche il piccolo e storpio Tiny Tim sebbene vivano in condizioni misere.
Il fantasma mostra a Scrooge altre persone che passano il Natale: un gruppo di minatori che intonano un canto di Natale attorno a un focolare, due guardiani di un faro che brindando e cantando sempre attorno a un fuoco si scambiano un Buon Natale e dei marinai su un bastimento in mezzo all'oceano che si scambiano gli auguri e che dedicano un pensiero ai loro cari. Scrooge è molto stupito da ciò che ha appena visto.
Infine Scrooge e lo spettro sono nella casa di Fred, nipote di Scrooge che sta passando il Natale in allegria con i suoi amici. Fred deride suo zio perché egli insinua che il Natale sia una fesseria. Lo spettro a questo punto si congeda e Scrooge si ritrova ancora nella sua stanza da letto.

Lo Spirito del Natale Futuro
Il terzo spirito si presenta come una figura altissima, avvolta da un nero mantello e un cappuccio da cui nulla traspare se non una mano che sporge da una manica. Invano Scrooge chiede che parli, la figura è silenziosa, e lo guida solo con un dito.
Siamo ancora a Londra, e Scrooge assiste a diverse scene il cui argomento è la morte di un vecchio tirchio, deriso da tutti. Due banchieri della city parlano del suo prossimo funerale: mentre uno afferma di andarvi per puro dovere, l'altro, schernendo la tirchieria del defunto, è interessato soltanto a rifarsi a sue spese con la cena gratis del funerale. Un povero padre che era debitore al vecchio non nasconde alla famiglia il sollievo per la sua morte perché a chiunque saranno trasferiti i debiti, il futuro creditore sarà sempre più buono di lui. In un negozio di rigattiere, i servi del defunto si dividono tutto quello che hanno potuto rubare in casa sua, incluse le tende del baldacchino che ne proteggevano il corpo e la camicia sottratta dal suo abito funebre: l'ammontare totale è venduto al rigattiere tra le risate di tutti.
Intanto un profondo dolore ha colpito i Cratchit: Tiny Tim è morto di stenti. È lutto profondo, dolore immenso.
Scrooge vorrebbe sapere chi è il vecchio tanto odiato da tutti, ma quando il fantasma lo porta davanti al capezzale non osa scoprire il lenzuolo che ne ricopre interamente la salma. Scrooge vede che la sua casa è stata venduta, e pure la sua ditta, vorrebbe entrare, ma il fantasma indica invece un'altra direzione: Scrooge entra nel cimitero, dove la mano dello spettro indica una lapide con scritto: Ebenezer Scrooge! Il pentimento è completo, il messaggio è andato fino in fondo al cuore di Scrooge.

Il ravvedimento
Scrooge si ritrova nel suo letto e scopre che è mattina presto,il Natale ha fatto il suo ingresso, glielo conferma un ragazzo che passa sotto la sua finestra. Forte della lezione ricevuta manda il ragazzo a comprare il più grosso tacchino in vendita al negozio lì vicino e premiandolo con una corona glielo fa portare a casa di Bob Cratchit quindi,sbarbato e ripulito, esce per strada salutando tutti con affabilità e trova la forza di presentarsi a casa di suo nipote che lo aveva invitato per Natale: accolto con calore, passa il più bel Natale della sua vita.
La mattina dopo nel suo ufficio aspetta l'arrivo di Cratchit che si presenta in ritardo e ancora ignaro del cambiamento del suo datore di lavoro, in un primo momento lo prende per pazzo ma Scrooge lo tratta da quel momento da amico, gli dà un notevole aumento di stipendio e le vacanze tanto meritate scusandosi con lui. Si prende cura della sua famiglia e soprattutto di Tiny Tim, che guarisce. Con i Cratchit si instaura un profondo legame di amicizia.
Da allora Scrooge diventa una persona molto amata, e trova finalmente la pace dell'anima.

lunedì 6 dicembre 2010

Massime del giorno prima
"Amare è gioire,
mentre crediamo di gioire
solo se siamo amati"
Aristotele

lunedì 22 novembre 2010

Massime del giorno prima
"...Nulla riposa della vita come la vita".
Umberto Saba

domenica 21 novembre 2010

Italo Calvino
Italo Calvino Santiago de las Vegas, 1923- Siena, 1985), nato nell'isola diCuba, dove il padre dirigeva una scuola agraria, venne all'età di due anni in Italia e trascorse gran parte della vita nella cittadina ligura di Sanremo, non rinunciando tuttavia a lunghi soggiorni a Torino (dove frequentò l'università), a Roma, ed anche all'estero (Parigi, L'Avana). Partecipò nel 1944 alla lotta partigiana e dopo la guerra entrò in rapporto con Pavese, Vittorini e altri intellettuali legati alla Casa Editrice Enaudi, presso la quale lavorò a lungo dapprima nell'ufficio Stampa e Pubblicità, poi come direttore responsabile del "Notiziario Enaudi". Fu collaboratore di giornali e riviste e tra i fondatori di riviste storiche quali "Il Menabò" e "Il Politecnico". Si imoegnò attivamente nel Partito Comunista Italiano fino al 1956, quando se ne allontanò in seguito alla repressione della rivolta di Ungheria. Calvino è uno degli autori più produttivi e vari del nostro Novecento letterario, autore di saggi critici, pezzi giornalistici, recensioni di film, romanzi, racconti. Per i ragazzi è consigliabile la lettura delle Fiabe Italiane di cui curò la raccolta e la trascrizione di vari dialetti, del romanzo Il sentiero dei nidi di ragno, della trilogia "I nostri antenati" (Il Barone rampante, Il Visconte dimezzato, Il Cavaliere inesistente), di molti racconti, tra qui le raccolte Ultimo viene il corvo e Marcovaldo ovvero le stagioni in città.


giovedì 18 novembre 2010

Italo Calvino - Il Principe che sposò una rana



C'era una volta un Re che aveva tre figli in età da prender moglie. Perché non sorgessero rivalità sulla scelta delle tre spose, disse: - Tirate con la fionda più lontano che potete: dove cadrà la pietra là prenderete moglie.I tre figli presero le fionde e tirarono. Il più grande tirò e la pietra arrivo sul tetto di un Forno ed egli ebbe la fornaia.Il secondo tirò e la pietra arrivò alla casa di una tessitrice. Al più piccino la pietra cascò in un fosso.Appena tirato ognuno correva a portare l'anello alla fidanzata.Il più grande trovò una giovinotta bella soffice come una focaccia, il mezzano una pallidina, fina come un filo, e il più piccino, guarda guarda in quel fosso, non ci trovò che una rana.Tornarono dal Re a dire delle loro fidanzate.- Ora - disse il Re - chi ha la sposa migliore erediterà il regno. Facciamo le prove - e diede a ognuno della canapa perché gliela riportassero di lì a tre giorni filata dalle fidanzate, per vedere chi filava meglio.I figli andarono delle fidanzate e si raccomandarono che filassero a puntino; e il più piccolo tutto mortificato, con quella canapa in mano, se ne andò sul ciglio del fosso e si mise a chiamare:- Rana, rana! - Chi mi chiama? - L'amor tuo che poco t'ama.- Se non m'ama , m'amerà quando bella mi vedrà.E la rana salto fuori dall'acqua su una foglia.Il figlio del Re le diede la canapa e disse che sarebbe ripassato a prenderla filata dopo tre giorni. Dopo tre giorni i fratelli maggiori corsero tutti ansiosi dalla fornaia e dalla tessitrice a ritirare la canapa. La fornaia aveva fatto un bel lavoro, ma la tessitrice - era il suo mestiere - l'aveva filata che pareva seta. E il più piccino? Andò al fosso:- Rana, rana! - Chi mi chiama? - L'amor tuo che poco t'ama.- Se non m'ama , m'amerà quando bella mi vedrà.Saltò su una foglia e aveva in bocca una noce.Lui si vergognava un po' di andare dal padre con una noce mentre i fratelli avevano portato la canapa filata; ma si fecero coraggio e andò.Il Re che aveva già guardato per dritto e per traverso il lavoro della fornaia e della tessitrice, aperse la noce del più piccino, e intanto i fratelli sghignazzavano.Aperta la noce ne venne fuori una tela così fina che pareva tela di ragno, e tira tira, spiega spiega, non finiva mai , e tutta la sala del trono ne era invasa."Ma questa tela non finisce mai!" disse il Re, e appena dette queste parole la tela finì.Il padre, a quest'idea che una rana diventasse regina, non voleva rassegnarsi.Erano nati tre cuccioli alla sua cagna da caccia preferita, e li diede ai tre figli: - Portateli alle vostre fidanzate e tornerete a prenderli tra un mese: chi l'avrà allevato meglio sarà regina.Dopo un mese si vide che il cane della fornaia era diventato un molosso grande e grosso, perché il pane non gli era mancato; quella della tessitrice, tenuto più a stecchetto, era venuto un famelico mastino. Il più piccino arrivò con una cassettina, il Re aperse la cassettina e ne uscì un barboncino infiocchettato, pettinato, profumato, che stava ritto sulle zampe di dietro e sapeva fare gli esercizi militari e far di conto.E il Re disse: - Non c'è dubbio; sarà re mio figlio minore e la rana sarà regina.Furono stabilite le nozze, tutti e tre i fratelli lo stesso giorno.I fratelli maggiori andarono a prendere le spose con carrozze infiorate tirate da quattro cavalli, e le spose salirono tutte cariche di piume e di gioielli.Il più piccino andò al fosso, e la rana l'aspettava in una carrozza fatta d'una foglia di fico tirata da quattro lumache.Presero ad andare: lui andava avanti, e le lumache lo seguivano tirando la foglia con la rana. Ogni tanto si fermava ad aspettare, e una volta si addormentò.Quando si svegliò, gli s'era fermata davanti una carrozza d'oro, imbottita di velluto, con due cavalli bianchi e dentro c'era una ragazza bella come il sole con un abito verde smeraldo.- Chi siete? - disse il figlio minore.- Sono la rana -, e siccome lui non ci voleva credere, la ragazza aperse uno scrigno dove c'era la foglia di fico, la pelle della rana e quattro gusci di lumaca.- Ero una Principessa trasformata in rana, solo se un figlio di Re acconsentiva a sposarmi senza sapere che ero bella avrei ripreso la forma umana.Il Re fu tutto contento e ai figli maggiori che si rodevano d'invidia disse che chi non era neanche capace di scegliere la moglie non meritava la Corona.Re e regina diventarono il più piccino e la sua sposa.

martedì 16 novembre 2010

Massime del giorno prima
"I sogni sono l'elusiva dote che ci fa ricchi per un'ora,
poi ci gettano poveri
fuori della purpurea porta
dentro i nudi confini che avevamo prima".
Emily Dickinson

giovedì 11 novembre 2010



Massime del giorno prima
"L'amore non è cieco, è presbite:
prova ne sia che comincia a scorgere i difetti man mano che s'allontana".
Oscar Wilde

lunedì 8 novembre 2010

Brodo caldo per l'anima

Un libro di Jack Canfield


Per chi crede ancora nella forza trasformatrice e redentrice dell'amore e dell'altruismo. Questo volume raccoglie storie vere, episodi toccanti che ci inducono a guardare al mondo intorno a noi con grande fiducia. I racconti sono suddivisi in due sezioni a seconda dei destinatari privilegiati cui si rivolgono:

- per i ragazzi e i loro genitori, quando in primo piano sono i problemi e le incertezze dei giovani;

- per gli amici degli animali, quando sono cani, gatti e altri animali a scaldarci il cuore.

Frammenti di vita vissuta, commoventi testimonianze, brevi e folgoranti aneddoti narrati direttamente dai protagonisti, capaci di infondere nel lettore un po' di ottimismo, il desiderio di superare le difficoltà per tornare a sorridere e ritrovare la voglia di sperare nel futuro.

Jack Canfield, famosissimo negli Stati Uniti, è uno dei Maestri presenti sul best seller "The Secret", ed è coautore, insieme a Victor Hansen, della fortunata collana "Una tisana calda per l'anima" (Essere Felici). Attraverso i suoi seminari, ha diffuso il potere delle strategie di focalizzazione in ben dodici paesi in tutto il mondo.Victor Hansen - Autore del best seller "One minute millionaire", è un famoso conferenziere che ha insegnato a milioni di persone le strategie di successo contenute nei suoi libri.

sabato 23 ottobre 2010

Massima del giorno prima
"La vita non è ricerca di esperienza,
ma di sè stessi".
Cesare Pavese

giovedì 14 ottobre 2010

Massime del giorno prima
"Mio marito è un archeologo,
più invecchio,
più mi apprezza"
Agatha Christie

sabato 2 ottobre 2010

Massima del giorno prima
"Al di là di tutti gli errori,
vi sono sempre i sorrisi dei bambini,
la crescita della vegetazione,
anche delle ceneri vulcaniche,
le realizzazioni di molti sogni audaci,
la bellezza delle intelligenze e dei tramonti,
l'amore umano.
Il SI è più forte del no".
Daniel Maguire

domenica 26 settembre 2010

Piccolo principe

Il piccolo principe (Le Petit Prince) è l'opera più conosciuta di Antoine de Saint-Exupéry. Pubblicato nel 1943, è un racconto molto poetico che, nella forma di un'opera letteraria per ragazzi, affronta temi come il senso della vita e il significato dell'amore e dell'amicizia. È fra le opere letterarie più celebri del XX secolo e tra le più vendute della storia: è stato tradotto in più di 180 lingue e stampato in oltre 50 milioni di copie in tutto il mondo.
In un certo senso, costituisce una sorta di educazione sentimentale. L'opera, sia nella sua versione originaria che nelle varie traduzioni in decine di lingue, è illustrata dagli acquerelli dello stesso Saint-Exupéry, disegni semplici e un po' naïf che sono celebri quanto il racconto.
Gli stessi disegni sono stati utilizzati per creare le copertine del libro. Ad oggi ne sono state stampate ben 315 differenti.

Trama
Un pilota di aerei sorvola il deserto del Sahara, quando gli si rompe una parte del motore e cade. Il giorno dopo l'atterraggio, il pilota si risveglia al suono della voce di un bambino che gli chiede se gli può disegnare una pecora. Il pilota intuisce che è un piccolo principe proveniente da un altro pianeta. L'aviatore comincia a disegnare varie pecore, che il bambino rifiuta, fino a quando, esasperato, disegna una scatola con dei buchi, all'interno della quale, dice, si trova la pecora. Il piccolo principe è soddisfatto e alla fine della discussione racconta la sua storia. Nel racconto compare anche il segreto dell'amicizia: [...] l'essenziale è invisibile agli occhi [...]
Il piccolo principe vive su un asteroide poco più grande di una casa, chiamato B 612, che ha tre vulcani, uno dei quali è spento, e una rosa molto esigente, vanitosa e spavalda. Un giorno parte per vedere come sia il resto dell'universo, e visita alcuni altri asteroidi abitati da adulti. Il piccolo principe visita gli asteroidi 325, 326, 327, 328, 329 e 330. Sul primo pianeta trova un re triste perché non ci sono uomini per servirlo, sul secondo un uomo vanitoso che quando il principe batte le mani alza il cappello e incomincia a inchinarsi e a vantarsi, sul terzo un ubriacone che beve per dimenticare la «vergogna di bere», sul quarto un uomo d'affari che conta le miriadi di stelle convinto di possederle, sul quinto un lampionaio che continua ad accendere e spegnere il suo lampione e sull'ultimo un geografo che attende l'arrivo di un esploratore che gli dica la struttura degli altri pianeti. Il geografo che cataloga tutti i pianeti conosciuti gli chiede di descrivere il suo asteroide. Il principe descrive i vulcani e la magnifica rosa che illumina il suo piccolissimo pianeta, ma il geografo gli risponde che loro non catalogano i fiori perché sono esseri effimeri e non vivono in eterno come le montagne, i laghi o le altre cose di cui egli si occupa. Il Piccolo Principe è molto seccato da ciò che gli è stato detto ed è in pensiero per la sua rosa. Il geografo, successivamente, gli consiglia di visitare la Terra.
Sulla Terra trova una grande quantità di roseti ed è abbastanza stupito, perché pensava che la sua rosa fosse l'unica di tutto l'universo. Poi incontra ed addomestica una volpe che gli spiega che la sua rosa è speciale perché è l'unica che egli ami.
Dopo aver sofferto la sete, il pilota ripara finalmente il suo aereo e scopre che anche il piccolo principe deve tornare alla sua casa. È passato un anno dall'inizio del suo avventuroso viaggio alla scoperta di altri mondi. Quella stessa notte il piccolo principe deve ritornare al suo asteroide.
Per tornare al suo pianeta si fa mordere da un serpente che aveva incontrato appena sceso sulla terra. L'aviatore subito dopo riparte e torna a casa, e ogni volta che guarda le stelle pensa al Piccolo Principe e sorride.

Le parti che preferisco:

"Non si vede che col cuore, l'essenziale è invisibile agli occhi".

"Non c'e' niente di perfetto", sospiro' la volpe. Ma la volpe ritorno' alla sua idea: "La mia vita e' monotona. Io do la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me. Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi annoio percio'. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sara' illuminata. Conoscero' un rumore di passi che sara' diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. Il tuo, mi fara' uscire dalla tana, come una musica. E poi, guarda! Vedi, laggiu' in fondo, dei campi di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me e' inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo e' triste! Ma tu hai dei capelli color dell'oro. Allora sara' meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che e' dorato, mi fara' pensare a te. E amero' il rumore del vento nel grano..."

giovedì 23 settembre 2010

Massima del giorno prima
"Quando avrai ottanta anni,
avrai probabilmente imparato tutto della vita.
Il problema sarà ricordarlo".
George Burns

lunedì 13 settembre 2010

"Massima del giorno prima
"Una bugia fa in tempo a viaggiare per mezzo mondo,
mentre la verità si sta ancora mettendo le scarpe"
Mark Twain

mercoledì 1 settembre 2010

Massima del giorno prima
"Esperienza"
è il nome che tutti danno hai propi errori.
Oscar Wilde

sabato 28 agosto 2010

Và dove ti porta il cuore


Questo, invece, è stato il mio secondo libro (sempre consigliato dal mio amato fratello). Avevo 13 anni e mi ha fatto sognare, soprattutto le parole di quel diario..

Va dove ti porta il cuore è un libro di Susanna Tamaro.

Ricordo che sottolineavo tutto quello che mi piaceva e riportavo sul diario le frasi che più mi davano significato, addirittura intere pagine, delle volte.

Sono cresciuta con questo libro...penso di averlo letto quattro volte e di averne fatto buon uso nella vita.



"Quando la strada alle tue spalle è più lunga di quella che hai davanti, vedi una cosa che non avevi mai visto prima: la via che hai percorso non era dritta ma piena di bivi, ad ogni passo c'era una freccia che indicava una direzione diversa; da lì si dipartiva un viottolo, da là una stradina erbosa che si perdeva nei boschi. Qualcuna di queste deviazioni l'hai imboccata senza accorgertene, qualcun'altra non l'avevi neanche vista; quelle che hai trascurato non sai dove ti avrebbero condotto, se in un posto migliore o peggiore; non lo sai ma ugualmente provi rimpianto. Potevi fare una cosa e non l'hai fatta, sei tornato indietro invece di andare avanti. Il gioco dell'oca, te lo ricordi? La vita procede pressappoco allo stesso modo. Lungo i bivi della tua strada incontri le altre vite, conoscerle o non conoscerle, viverle o non viverle a fondo o lasciarle perdere dipende soltanto dalla scelta che fai in un attimo; anche se non lo sai, tra proseguire dritto o deviare spesso si gioca la tua esistenza, quella di chi ti sta vicino."

Tratto dal libro

Trama
Nonna e nipote sono vissute in due per parecchi anni. Diventata oramai quasi adulta, la ragazza decide di partire per l'America. Tra le due, che si sono separate in seguito ad un periodo di crisi, vige il patto di non contattarsi per un periodo più o meno lungo.
Oramai malata, l'anziana (Olga) ritiene di non avere più abbastanza da vivere per rivedere sua nipote. D'altro canto, ella sente l'assoluto bisogno di confidare a sua nipote le sue sensazioni ed alcuni suoi segreti (vedi trama). Si pone dunque il dilemma se rompere il patto e cercare di contattare la giovane, oppure tacere, rischiando di fare un grave torto a sua nipote (la quale, al suo ritorno a casa, potrebbe chiedersi come mai nessuno l'abbia mai informata della malattia della nonna). Dato che entrambe le soluzioni sono assai insoddisfacenti, Olga decide di lasciare alla nipote per iscritto quanto ha da dire.
Scrive così una lettera-diario indirizzata alla giovane. Anche ritornando dall'America dopo la morte di Olga, la ragazza sarà senz'altro in grado di trovare il diario e leggere il messaggio. Durante l'esposizione dei fatti viene tra l'altro descritta in maniera approfondita la figura di Ilaria figlia di Olga e madre della ragazza.

(Informazioni tratte dalla Wikipedia)

venerdì 13 agosto 2010

Storia di una capinera



Storia di una capinera di Giovanni Verga è stato il mio primo "serio" libro che ho letto. Avevo 9 anni e, invogliata da mio fratello, ho preso questo libro e lo porto sempre nel cuore. Forse perchè è stato il primo. Prima di questo ero amante delle favole e delle fiabe, come tutte le bambine. Ancora oggi conservo una favola tutta mia al quale da bimba sognavo di rispecchiarmi nel personaggio.

"... si può impazzire d'amore?"

E' la frase che più mi ha colpita del libro.


Storia di una capinera è un romanzo epistolare di Giovanni Verga. Fu scritto tra il giugno e il luglio 1869, durante il soggiorno dello scrittore a Firenze. Il 25 novembre 1869, tornato temporaneamente a Catania, Verga spedisce il romanzo a Francesco Dall'Ongaro, scrittore fiorentino, il quale ne rimase soddisfatto al punto da riuscire a farlo pubblicare dall'editore milanese Lampugnani (nella sua sede di Milano, in via San Giuseppe, al numero civico 3). Al 1871 risale, perciò, la prima pubblicazione ufficiale del romanzo, apparso dapprima all'interno della rivista di moda La ricamatrice e poi in volume. In realtà, però, il romanzo era stato già pubblicato nel 1870 a puntate su un'altra rivista del Lampugnani, ovvero il Corriere delle dame (anno LXVIII, dal numero 20 del 16 maggio 1870 al numero 34 del 22 agosto 1870), semplicemente con il titolo La capinera. La prima edizione del volume conteneva come prefazione la lettera con cui Dall'Ongaro aveva accompagnato l'invio dell'opera alla scrittrice Caterina Percoto, anche lei ferma sostenitrice del romanzo. Dal 1922, e in tutte le successive edizioni, comparve anche la prefazione scritta da Federico De Roberto, contenuta in un saggio sul Verga intitolato Casa Verga e altri saggi verghiani.

Curiosità:
Verga introduce il romanzo spiegando il motivo che lo ha portato ad intitolarlo proprio Storia di una capinera:
« Avevo visto una povera
capinera chiusa in gabbia: era timida, triste, malaticcia ci guardava con occhio spaventato; si rifuggiava in un angolo della sua gabbia, e allorché udiva il canto allegro degli altri uccelletti che cinguettavano sul verde del prato o nell'azzurro del cielo, li seguiva con uno sguardo che avrebbe potuto dirsi pieno di lagrime. Ma non osava ribellarsi, non osava tentare di rompere il fil di ferro che la teneva carcerata, la povera prigioniera. Eppure i suoi custodi, le volevano bene, cari bambini che si trastullavano col suo dolore e le pagavano la sua malinconia con miche di pane e con parole gentili. La povera capinera cercava rassegnarsi, la meschinella; non era cattiva; non voleva rimproverarli neanche col suo dolore, poiché tentava di beccare tristamente quel miglio e quelle miche di pane; ma non poteva inghiottirle. Dopo due giorni chinò la testa sotto l'ala e l'indomani fu trovata stecchita nella sua prigione. Era morta, povera capinera! Eppure il suo scodellino era pieno. Era morta perché in quel corpicino c'era qualche cosa che non si nutriva soltanto di miglio, e che soffriva qualche cosa oltre la fame e la sete.Allorché la madre dei due bimbi, innocenti e spietati carnefici del povero uccelletto, mi narrò la storia di un'infelice di cui le mura del chiostro avevano imprigionato il corpo, e la superstizione e l'amore avevano torturato lo spirito: una di quelle intime storie, che passano inosservate tutti i giorni, storia di un cuore tenero, timido, che aveva amato e pianto e pregato senza osare di far scorgere le sue lagrime o di far sentire la sua preghiera, che infine si era chiuso nel suo dolore ed era morto; io pensai alla povera capinera che guardava il cielo attraverso le gretole della sua prigione, che non cantava, che beccava tristamente il suo miglio, che aveva piegato la testolina sotto l'ala ed era morta.Ecco perché l'ho intitolata: Storia di una capinera. »

Il romanzo è in parte autobiografico: prende spunto, infatti, da una vicenda vissuta in prima persona da Giovanni Verga in età giovanile. L'episodio risale all'estate 1854-1855 quando, in seguito all'epidemia di colera che si era scatenata su Catania, la famiglia Verga si rifugia a Tebidi, una località tra Vizzini e Licodia. Giovanni Verga, all'epoca quindicenne, si innamora di Rosalia, giovane educanda del monastero di San Sebastiano (Vizzini), dove è monaca anche sua zia. Rosalia, anche lei a Tebidi per sfuggire al colera, era «una creatura soave, una figura ideale, una bellezza pallida e bruna, un fiore di simpatia. Finché durò l'epidemia, la vide assiduamente, sussultando al suo apparire, tremando nel parlare con lei, sentendo schiudersi le porte del paradiso quando la prendeva per mano e le cingeva col braccio la vita sottile nell'ebrezza del ballo. Cessata l'epidemia, la giovinetta aveva ripreso il suo posto nel monastero; ma egli l'aveva riveduta lì dentro, tutte le volte che era tornato a Vizzini; perché a S. Sebastiano c'era una sua zia monaca e andando a visitarla nel parlatoio egli scorgeva il profilo della educanda» (Federico de Roberto, Casa Verga e altri saggi verghiani, a cura di C. Musumarra, Firenze, 1964).
Secondo un'indagine svolta agli inizi del
'900 dalla Società Bibliografica di Milano, Storia di una capinera ebbe un tale successo di pubblico da vendere circa ventimila copie in poco più di vent'anni.
Il romanzo è stato tradotto
anche all'estero, e più precisamente in Inghilterra, Francia, Ungheria e Austria.
(informazioni tratte da Wikipedia)